Storia della SABI Società Amatori Bracco Italiano

La storia della SABI ha idealmente inizio il 15 agosto 1949 quando venne formulato un invito agli allevatori e simpatizzanti del bracco italiano e a tutti i cacciatori da parte di «Un gruppo di cacciatori-cinofili che, compresi della necessità di ricostituire su nuove basi un club specializzato che prenda a cuore ed in particolare cura il miglioramento della razza, l’addestramento per caccia e la presentazione alle mostre canine ed alle prove sul terreno di cani appartenenti a questa antica e gloriosa razza italiana da ferma, ha costituito un centro di propaganda in Pavia in via Bordoni n. 6 presso la Società Cinofila Pavese, onde prendere contatti con tutti coloro, cinofili e cacciatori che desiderino aderire a questa opera di miglioramento e diffusione del bracco italiano».

L’invito non cadde nel vuoto e il 27 novembre 1949 al raduno dei braccofili di Lodi nasce la SABI per poi costituirsi in Società in Pavia. Sorta con l’intento di tutelare la razza e spronare gli allevatori a selezionare, sia morfologicamente che qualitativamente per ridare al bracco italiano quel prestigio che era vanto e notorietà fin dai tempi remoti.

sabi raduno di Lodi
Alcuni bracchi italiani presentati al raduno di Lodi del 1949

I soci fondatori della SABI

Il rag. Felice De Mattia, cultore da tempo del bracco italiano, in accordo con l’avv. Camillo Valentini, il prof. Adelio Cancellari, Paolo Ciceri, l’avv. Giacomo Griziotti, il geom. Ferrari, il N.H. Lorenzoni e il decano cav. Luigi Ciceri, in riunione ne costituirono la società prendendo atto e spunto dal materiale numeroso (c’è chi dice 69 e chi “quasi 90”, che comunque eran più di quanti ancor oggi se ne vedano in un raduno) presentato al raduno di Lodi. Materiale che considerato ben idoneo lasciava prevedere frutti positivi.

I pregiudizi nei cacciatori italiani

Troppi preconcetti erano radicati fra i cacciatori nei riguardi del bracco italiano. Lo consideravano cane lento, linfatico, ingombrante, incapace insomma di soddisfare le esigenze che già stavano mutando verso l’orientamento moderno. Bisognava quindi muoversi e agire con intenti precisi e sensati. E agire nel senso di ridare al bracco vigore tonificante. Allevarlo quindi in luoghi ove sia necessaria una continua ginnastica di gambe e di polmoni; la salita fortifica i primi e allarga i secondi. In luoghi aspri e sassuosi, nutrirlo senza risparmio, sottoporlo come gli Inglesi sottopongono i loro cavalli – ed anche i cani – a un sapiente e graduale allevamento e si vedrà che in capo a poche generazioni, i selezionati usciranno soggetti raccolti e robusti ben differenti dagli attuali.

Una stessa razza allevata in ambiente diverso da quello in cui era abituata, si trova in condizioni fisico-economiche differenti e prende caratteri distinti, zoologici e zootecnici e dà luogo a nuove forme e a nuove attitudini (Spencer). Mutando l’ambiente cessa la trasmissione di alcune attitudini periodiche (Darwin). Fa piacere constatare che le vedute d’allora erano basate su giusti concetti che non potevano fallire.

Gli allevamenti attuali si può dire, han vinto la battaglia e han saputo concretare quello che allora erano solo speranze.

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Il raduno di Lodi del 1949

L’avvocato Camillo Valentini, il primo presidente della SABI

L’Avv. Camillo Valentini di San Benedetto del Tronto, fu il primo presidente della SABI e rimase tale per moltissimi anni. Era uomo di grande cultura (sapeva tutto sui Borboni!) ed aveva una penna fertile con cui si firmava “Il picchio verde” sui maggiori periodici venatori dell’epoca, scrivendo comunque più di caccia che di cinofilia. Ma soprattutto era un oratore che rivolgeva il suo aulico eloquio alla platea cinofila con la stessa tonante enfasi delle sue arringhe.

Parlando di bracchi, li chiamava “i nostri aviquerenti amici…”. Era coadiuvato dal Segretario Agr. Ferrari con un impegno che giustamente va riconosciuto, nulla trascurò pur di continuare a spronare e aiutare moralmente gli allevatori e tutti gli associati, indicendo annualmente raduni in mostre e soprattutto quelli di lavoro. Questi ultimi dovevano mettere in evidenza le concrete qualità del cane mettendo inoltre in risalto quei soggetti che potevano essere il trampolino di lancio per le generazioni future.

Lola del Tavo camillo valentini
1955. Camillo Valentini, primo presidente della SABI qui insieme alla sua Lola Del Tavo. Foto scattata nel Chiostro Maggiore della Basilica di S.Francesco ad Ascoli Piceno.

Stralcio dal discorso di Valentini al raduno del 1952

“Se si ripensa ai giorni che precedettero Lodi, sembra di sognare! Non è che ci si compiaccia (se pur sarebbe legittimo ed umano) di riassaporare lo spettacolo ancor recentissimo, impresso nei nostri occhi, del campo bolognese, ma è il dover riconoscere che una scia comincia ad aprirsi dietro di noi, su quel pelagoso gorgo dal quale uscimmo due anni orsono, e che per poco non ci inabissò nel bracco- pointer italiano. Ci hanno seppelliti per circa vent’anni di scherno e di dileggio, ci hanno tacciati di apatici, di timidi, di chiacchieroni, di laudatores per scripta dei nostri cani buoni a nulla, impresentabili; ci hanno cantato il de profundis in tutti i toni; ed ecco il miracolo! A Bologna, la pointeristica Bologna, nel pomeriggio di sabato i nostri cani strapparono applausi agli anglofili. E non finivano mai: bracchi dappertutto! Da dov’erano sorti questi redivivi?”